KUSHTI

di Maria Cardamone

La maggior parte dei paesi nel mondo hanno uno stile tradizionale di wrestling o lotta popolare. In India, quest'arte marziale si chiama Kushti, ed è diffusa anche nei vicini Pakistan e Bangladesh. Le lotte tra gli atleti si svolgono nell' Akhada, in altre parole, la stessa scuola di wrestling dove il maestro si allena fianco a fianco con gli allievi. Quando gli atleti si allenano, in vista di una futura competizione, tendono a vivere in una sorta di tacita comunità. Questo avviene per esempio negli Akhada di Varanasi, dove entrano solo gli uomini, per lo più ragazzi, che adottano una palestra di riferimento dove ogni giorno tornano ad allenarsi. Qui si incitano o si aiutano a vicenda, praticando l'un l'altro massaggi ed esercizi di stretching. Il contatto fisico così presente alimenta la coesione del gruppo, che anche quando lotta lo fa “con gentilezza” e profondo rispetto. Il combattimento vero e proprio, così come alcune fasi dell'allenamento, avvengono in un ring composto da argilla o sabbia, e il terreno viene preparato prima di ogni pratica. Talvolta esso è interrotto da qualche preghiera, o fase di meditazione e ristoro utili alla concentrazione. Il kushti infatti non è solo uno sport, ma un'antica sottocultura dove i lottatori continuano a vivere e allenarsi insieme, seguendo regole severe riguardo ai cibi permessi e alla gestione del tempo libero (bere, fumare e praticare sesso sono off limits). L'obiettivo è quello di vivere una vita pura, costruendo giorno per giorno la forza d'animo e di corpo, oltre che affinare le proprie abilità di lottatore. Le gare di wrestling, conosciute come dangals, si tengono in periodi prestabiliti nei villaggi limitrofi, e costituiscono solo l'ultimo aspetto di una pratica secolare che è parte della cultura indiana della disciplina e del rispetto.